Presenze
impreviste - Testo di Lucia Miodini
Gian
Carlo Castelli ha una formazione ampia, che spazia in vari campi della
comunicazione visiva. La costruzione di un racconto per immagini, questo
mi pare possa essere il filo conduttore del lavoro di Castelli. Egli,
infatti, avvalendosi di diverse scritture, dalla grafica al fumetto all'animazione,
dalla pittura al collage fotografico, produce ormai da una decina di anni
opere dalla complessa struttura narrativa. I collages digitali, che Castelli
presenta al Laboratorio delle Arti, si basano, come mi esplicita lo stesso
autore, su fotografie digitali, che egli stesso, nella quasi totalità,
realizza. Su questo primo elemento Gian Carlo interviene con diverse elaborazioni
per ambientare, o meglio, costruire, mettere in scena una storia. Una
fabula, ironica ed onirica, i cui “personaggi” sono anch’essi
tratti da scatti effettuati da Castelli, oppure sono componenti di quel
magazzino di immagini che è l’oceano web. Per un giovane
poco più che trentenne come Castelli, i siti internet di archivi
fotografici, i portali della fotografia online, e, in generale, le immagini
presenti sul web costituiscono i laghi in cui pescare il materiale grezzo
con il quale costruire nuove e fantastiche storie.
Ho utilizzato metafore che rimandano alla profondità
marina per fare emergere la differenza di pratiche che sussiste tra il
bricolage del collage fotografico ed il miscelare, come atto proprio del
collage digitale. Gli autori del collage storico, penso soprattutto ai
surrealisti, poiché questo mi pare un ambito di riferimento interessante
per comprendere l’opera di Castelli, prelevano il materiale dai
media, peculiarmente dalle riviste illustrate, ma anche dall’universo
della imagerie popolare, e si comportano come un bricoleur che raccoglie
materiali tratti dal proprio ambiente visivo. Ernst seleziona
e combina questi elementi attuando un accostamento di immagini apparentemente
contraddittorie.
Ben diversamente agisce un giovane che “pesca” nel web e miscela
le immagini, le proprie o quelle che fa riemergere dal Random
Images, nell’arte digitale. Gli assemblaggi
dei collage e la manipolazione delle immagini nel complesso e multiforme
fenomeno dell’arte digitale sono solo il contesto entro il quale
cercare di comprendere quelle “presenze impreviste” che suggeriscono
storie, alludono a inaspettate e fortuite messe in scena di eventi. Inducono
il lettore a completare quelle apparizioni, a trovare nessi tra ambiente
e personaggi. Castelli è, in qualche modo, un WebGobbler,
ovvero un artista che produce e costruisce immagini miscelando pezzi di
storie, “ingoiando” immagini per ricreare un proprio mondo
fantastico.
Anche quando realizza illustrazioni per il settimanale
piacentino Il nuovo giornale o accentua misteriose ombre nelle
fotografie analogiche condensa un racconto, allude ad una fabula che il
lector può idealmente sviluppare. A differenza del collage surrealista
però devo precisare che le immagini di Castelli hanno sempre una
lievità, una ironica saggezza scevra da oscure derive. Inoltre
l'accentuata cromia e la brillantezza della stampa non soltanto ci avvicinano
alla realtà edulcorata che ci prospetta la pubblicità, ma
in qualche modo ne svelano criticamente la certezza, la incontaminata
bellezza.
Castelli si è formato all'Accademia di Brera, segue le trasformazioni
del mondo dell’arte, è un attento critico del proprio lavoro,
tanto è che egli stesso precisa quali sono i suoi punti di riferimento,
da Gilbert Garcin a Ruud Van Empel, da David Lachapelle
alle avanguardie storiche; a Magritte ed ai surrealisti, d’altra
parte, abbiamo già fatto riferimento, cui aggiungerei anche Franz
Roh.
Per concludere queste brevi note, tuttavia, vorrei osservare che, se Garcin
ci propone un teatro illusionistico, e pone davanti ai nostri occhi una
scena dalla profondità “tradizionale”, Castelli sulla
superficie, nozione alla quale, riprendendo Sollers, assegno ovviamente
un'accezione positiva, assorbe ed assimila i tratti del nuovo universo
immaginario. Con ironia ci indica che non è più questione
di reale e irreale, verosimile e inverosimile: anche la verità
nascosta dell’inconscio è lucida illusione, ed il doppio
significante/significato di “Ceci n’est pas une pipe”
ci sembra appartenere ad un campo linguistico che non ci appartiene più
che in parte. E dunque l’atto fotografico ha una sua efficacia quando
è un atto critico. In questo caso la messa in scena della pratica
del WebGobbler ci offre strumenti per capire quanto pesano sul
nostro modo di immaginare racconti gli oceani di Fotosearch.
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