Collages fotografici di Gian Carlo Castelli

Ecco alcune delle mie opere più recenti, appartenenti ad una serie che ho intitolato Presenze impreviste.

Questi collages fotografici, onirici e surreali, si basano su fotografie digitali - quasi tutte scattate da me - nelle quali ho inserito elementi esterni tratti da immagini mie o, talvolta, trovate sul web. Tali elementi sono le presenze impreviste che danno il titolo a questa serie di opere, qui riprodotte in bassa risoluzione.

In fondo alla pagina è riportato il testo critico di Lucia Miodini, dedicato alla mostra personale Presenze impreviste, tenutasi nel 2010 presso il Laboratorio delle Arti di Piacenza.

Per chiarimenti o informazioni: giancarlocastelli@libero.it

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Presenze impreviste - Testo di Lucia Miodini

Gian Carlo Castelli ha una formazione ampia, che spazia in vari campi della comunicazione visiva. La costruzione di un racconto per immagini, questo mi pare possa essere il filo conduttore del lavoro di Castelli. Egli, infatti, avvalendosi di diverse scritture, dalla grafica al fumetto all'animazione, dalla pittura al collage fotografico, produce ormai da una decina di anni opere dalla complessa struttura narrativa. I collages digitali, che Castelli presenta al Laboratorio delle Arti, si basano, come mi esplicita lo stesso autore, su fotografie digitali, che egli stesso, nella quasi totalità, realizza. Su questo primo elemento Gian Carlo interviene con diverse elaborazioni per ambientare, o meglio, costruire, mettere in scena una storia. Una fabula, ironica ed onirica, i cui “personaggi” sono anch’essi tratti da scatti effettuati da Castelli, oppure sono componenti di quel magazzino di immagini che è l’oceano web. Per un giovane poco più che trentenne come Castelli, i siti internet di archivi fotografici, i portali della fotografia online, e, in generale, le immagini presenti sul web costituiscono i laghi in cui pescare il materiale grezzo con il quale costruire nuove e fantastiche storie.

Ho utilizzato metafore che rimandano alla profondità marina per fare emergere la differenza di pratiche che sussiste tra il bricolage del collage fotografico ed il miscelare, come atto proprio del collage digitale. Gli autori del collage storico, penso soprattutto ai surrealisti, poiché questo mi pare un ambito di riferimento interessante per comprendere l’opera di Castelli, prelevano il materiale dai media, peculiarmente dalle riviste illustrate, ma anche dall’universo della imagerie popolare, e si comportano come un bricoleur che raccoglie materiali tratti dal proprio ambiente visivo. Ernst seleziona e combina questi elementi attuando un accostamento di immagini apparentemente contraddittorie.

Ben diversamente agisce un giovane che “pesca” nel web e miscela le immagini, le proprie o quelle che fa riemergere dal
Random Images, nell’arte digitale. Gli assemblaggi dei collage e la manipolazione delle immagini nel complesso e multiforme fenomeno dell’arte digitale sono solo il contesto entro il quale cercare di comprendere quelle “presenze impreviste” che suggeriscono storie, alludono a inaspettate e fortuite messe in scena di eventi. Inducono il lettore a completare quelle apparizioni, a trovare nessi tra ambiente e personaggi. Castelli è, in qualche modo, un WebGobbler, ovvero un artista che produce e costruisce immagini miscelando pezzi di storie, “ingoiando” immagini per ricreare un proprio mondo fantastico.

Anche quando realizza illustrazioni per il settimanale piacentino Il nuovo giornale o accentua misteriose ombre nelle fotografie analogiche condensa un racconto, allude ad una fabula che il lector può idealmente sviluppare. A differenza del collage surrealista però devo precisare che le immagini di Castelli hanno sempre una lievità, una ironica saggezza scevra da oscure derive. Inoltre l'accentuata cromia e la brillantezza della stampa non soltanto ci avvicinano alla realtà edulcorata che ci prospetta la pubblicità, ma in qualche modo ne svelano criticamente la certezza, la incontaminata bellezza.
Castelli si è formato all'Accademia di Brera, segue le trasformazioni del mondo dell’arte, è un attento critico del proprio lavoro, tanto è che egli stesso precisa quali sono i suoi punti di riferimento, da Gilbert Garcin a Ruud Van Empel, da David Lachapelle alle avanguardie storiche; a Magritte ed ai surrealisti, d’altra parte, abbiamo già fatto riferimento, cui aggiungerei anche Franz Roh.


Per concludere queste brevi note, tuttavia, vorrei osservare che, se Garcin ci propone un teatro illusionistico, e pone davanti ai nostri occhi una scena dalla profondità “tradizionale”, Castelli sulla superficie, nozione alla quale, riprendendo Sollers, assegno ovviamente un'accezione positiva, assorbe ed assimila i tratti del nuovo universo immaginario. Con ironia ci indica che non è più questione di reale e irreale, verosimile e inverosimile: anche la verità nascosta dell’inconscio è lucida illusione, ed il doppio significante/significato di “Ceci n’est pas une pipe” ci sembra appartenere ad un campo linguistico che non ci appartiene più che in parte. E dunque l’atto fotografico ha una sua efficacia quando è un atto critico. In questo caso la messa in scena della pratica del WebGobbler ci offre strumenti per capire quanto pesano sul nostro modo di immaginare racconti gli oceani di Fotosearch.

 

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